I capodanno sassaresi della Torres
I capodanno 'in piazza' di cent'anni fa.

Del saluto al 1914 s'incaricò una maestosa statua rappresentante la fortuna, nel 1915 si festeggiò con un colossale modello di dirigibile che attraversò le vie cittadine fra le consuete acclamazioni. Negli anni della guerra, per ragioni di ordine pubblico, si sospesero le grandi manifestazioni, ma i torresini non rinunziarono del tutto alla tradizione dei festeggiamenti che si tennero nella palestra scoperta sita nei terreni Porcellana. Per l'occasione si organizzò un grande falò in cui si bruciarono...Francesco Giuseppe e i simboli austriaci e tedeschi.
Terminata la guerra ripresero le consuete passeggiate cittadine e l'arrivo del 1919 venne salutato dalla 'Vittoria'; una grande statua alata raffigurante l'Italia gloriosa nella pace dopo i suoi epici cimenti in guerra.
Il saluto del 1920 fu lanciato da un tram, unendo all'augurio la speranza di vedere soddisfatta una sentita esigenza cittadina. All'arrivo del 1921 vie e piazze furono attraversate da una folla plaudente assieme a un mastodontico pescecane che sul tardi venne demolito e distrutto, auspicando così la fine della più vorace creatura marina. E si arriva all'alba del 1922, in cui per le strade cittadine navigò il modello del transatlantico 'Barcellona', completo in ogni particolare. Fu una rappresentazione realizzata per ricordare la mancata gita della Torres alla città catalana, causata da una sopraggiunta crisi degli armatori con conseguenti scioperi della gente di mare.
L'anno successivo si passò alle rappresentazioni ferroviarie: una sbuffante locomotiva con vettura passeggeri e vagoni merci salutò l'arrivo del 1923 e con il 1924 fece il suo arrivo in città una nuova Arca di Noè popolata da svariati animali. Fu quindi un capo Pellirossa con tutta la tribù a inaugurare il 1925, a rappresentazione dei fortunati accordi con l'America per la sistemazione dei debiti del Paese.
L'ultimo capodanno torresino di cui ho reperito notizia fu quello nel quale i sassaresi salutarono l'arrivo del 1926, assiepati senza soluzione di continuità da piazza d'Italia fino a tutto il corso Vittorio Emanuele, esultando per le evoluzioni notturne a bassa quota del 'Gennariello', l'idrovolante (stavolta vero) Savoia Marchetti S16 pilotato dall'eroe delle trasvolate Francesco De Pinedo e accompagnato dal motorista oristanese Riccardo Campanelli, reduci dalla loro impresa lunga 55.000 chilometri: da Roma a Tokio.
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