Fuori sacco: Embarcador, vino Porto algherese






 



1948. “Porto Conte”: un vino alla sbarra.

La vecchia cronaca giudiziaria offre spesso motivi di interesse, e non soltanto quella delle aule penali.
Tra i piccoli e grandi drammi delle aule civili ne segnalo uno, avvenuto nel 1948, che vide protagonista un 'vino' all'epoca assai conosciuto in Sardegna, un vino nostrano, liquoroso e celebre anche fuori dai confini isolani. 


Esso fu il protagonista di un'elevata discussione giuridica nell'atmosfera di un'aula della Suprema Corte di Cassazione.
In causa furono il grand'uff. Michele Mugoni e l'istituto do vino dho Porto.
Avvenne questo: Michele Mugoni -tra i pochi sardi che all'epoca, con il suo intuito, comprese come fosse necessario valorizzare il prodotto isolano- già da tempo aveva messo in commercio un vino imbottigliato, dei suoi vigneti di Porto Conte, situati tra la spiaggia oggi cosiddetta 'Mugoni' e il monte Doglia, posto alle sue spalle.
L'etichetta della bottiglia recava in grande la dicitura “Porto Conte” e sotto la specificazione “Tenimento Mugoni in Porto Conte -Alghero”. Si trattava di un vino dolce, liquoroso (simile all'attuale Anghelo Ruju di Sella e Mosca, che forse all'epoca neanche esisteva), che ebbe un grandissimo successo internazionale tra gli intenditori. 
1936. Registrazione del marchio (Arch. Centrale di Stato) 
 
Lamentando concorrenza in forma vietata, insorgeva l'istituto portoghese del vino di Porto e conveniva in giudizio il Mugoni che ricorse fino in Cassazione, ma anch'essa emise un verdetto sfavorevole all'opponente.
E' bene intanto premettere che nel 1934 l'Italia stipulo un trattato commerciale e di navigazione con il Portogallo ( pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” n°225 del 25 settembre dello stesso anno) il quale disponeva, tra le altre cose, che le designazioni “Porto” e “Madera”, sia nelle loro forme originali sia nelle loro traduzioni, costituivano marche regionali debitamente protette in Portogallo e appartenenti ai vini prodotti nelle regioni del Duro e dell'isola di Madera. L'Italia si impegnava dunque per il Porto e il Madera, come il Portogallo per il Marsala, a reprimere nel suo territorio l'importazione il deposito, la preparazione, l'esportazione, la circolazione, la messa in vendita di vini recanti le designazioni sopraindicate “se essi non fossero originari delle regioni del Duro e dell'isola di Madera”. La repressione -prosegue il trattato- avrebbe dovuto esercitarsi col sequestro e con qualsiasi altra adeguata sanzione anche quando fosse menzionata la vera origine del prodotto o le denominazioni fossero accompagnate da correttivi quali “genere, tipo, uso” ecc., ma anche da indicazioni regionali. In sostanza ci si accordava per l'interdizione di tutte le marche che potessero indurre in errore il compratore “o di recare nel suo spirito una confusione sulla vera origine del vino che egli compra”.
E molto probabile che il nostro conterraneo fosse all'oscuro della convenzione, per quanto la Cassazione ritenne che un produttore quale Mugoni non potesse non conoscere l'esistenza del marchio del vino Porto, e che quindi si sarebbe voluto da questi “sfruttare con equivoca designazione la notorietà dell'autentico vino Porto”.
La Corte quindi condannò Mugoni al risarcimento dei danni per concorrenza sleale e così dalle vetrine scomparvero le eleganti bottiglie dall'etichetta nera recanti la dicitura in lettere argento e oro “Porto Conte”. Al suo posto comparve l' “Embarcador”, stesso vino, che rimase in commercio credo fino agli anni '70 e ancora oggi è ricercato e battuto a prezzi altissimi nelle aste dei vini d'epoca.

1947. Registrazione del marchio (Archivio Centrale di  Stato)


Un giurista del calibro di Lorenzo Mossa scrisse, all'epoca dei fatti, che: “la giurisprudenza, alla sua prima occasione, avrebbe dovuto rettificare il punto capitale della sentenza, se essa vuol rimanere giusta e non estranea alla vita. Il diritto dell'Italiano è infatti fondato sul nostro diritto positivo, ma prima di tutto sull'appartenenza ad un paese nel quale Porto è un nome comune, che non può essere espropriato con una convenzione internazionale o con una giurisprudenza sbagliata e nient'affatto suprema”.


Aggiornamento del 20/9/2017
L'amico Tore Sanna, che ringrazio, mi scrive che su notizie avute dall'ultimo proprietario della cantina, l'Embarcador restò in produzione fino agli anni '80 con un volume produttivo di 25.000 bottiglie annue.

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