Luci su Sassari: l'arrivo dell'energia elettrica -Parte seconda-

In questa seconda e ultima parte -dal 1917 al 1947- descrivo il turbolento avvio del servizio elettrico sassarese, iniziato dopo la fine della  Grande Guerra e contornato da continui passaggi di mano nella gestione dell'impianto. L'entrata in scena della dominante Società Elettrica Sarda e dell'energia  idroelettrica sancì il rapido e definitivo tramonto   della centrale di Sassari. La struttura edilizia venne però reimpiegata, arrivando fino ai nostri giorni.


La centrale elettrica (adibita a stazione degli autobus) e l'officina del gas riprese da un volo aereo nei primi anni 80 

Parte seconda

Dal 1917 al 1923: la società Anonima per l’Illuminazione Pubblica e Privata.

L’inizio del 1917 segnò l’uscita di scena della Soc. Passeri: il lodo arbitrale, dichiarando risolto il contratto per colpa, la condannò nelle spese29. L’appena nata Soc. Cooperativa nel frattempo si fuse con la ‘Società Anonima per l’Illuminazione Pubblica e Privata’ (ciascun gruppo concorse al 50%), offrendosi di transare le liti  con Passeri e proponendo al Comune il completamento e la gestione degli impianti. Sarà il commissario prefettizio Teodorani a definire per l’Amministrazione le trattative, così che il 20 agosto 1917 il Comune deliberò di affidare in gestione provvisoria alla neonata ‘Società Anonima’ l’officina del gas e le opere di completamento della centrale elettrica30



I lavori, nonostante le difficoltà di approvvigionamento dei materiali causate dalla guerra, proseguirono per tutto il 1918. Si iniziò inoltre a predisporre la prenotazione dei contratti per l’illuminazione delle abitazioni private, con canone a forfait per una lampadina da 16 candele31 (una fonte di luce inferiore a quella di una lampada a incandescenza da 25W). 


Già prima della Grande Guerra Ozieri (cittadina che detiene il primato in Sardegna per l'illuminazione elettrica, dal 1907), Cagliari, Nuoro, Macomer e Tempio Pausania beneficiavano del nuovo sistema di illuminazione a lampadine. Sassari invece brancolava, tra continui disservizi, nella penombra delle tremule luci a gas, azionate quotidianamente dai lanternisti armati di scala.

Finalmente, nel luglio del 1919, anche i sassaresi poterono vedere i primi bagliori emanati dalle lampade elettriche poste in alcune principali vie cittadine.

Così scrisse la cronaca locale32:


Piazza d’Italia, piazza Castello, Piazza Azuni, via Roma, Il corso V.Emanuele finalmente sono state redente dalla semi oscurità o dai sistemi di illuminazione di cui da molti anni era stato deciso il collocamento a riposo. La parte della città, così modernamente illuminata ha assunto un’altra fisionomia. Le piazze, specialmente quelle adorne di palme, presentano un vago, magnifico aspetto. Ed i cittadini si soffermano con un senso di compiacimento.


 

La cabina elettrica di trasformazione  a lato della chiesa di San Giuseppe. Si tratta di una delle cinque cabine dislocate nella città.  Immagine da cartolina postale, presumibilmente ripresa a cavallo tra gli anni 20 e 30.


Si pensò subito ad estendere la copertura del servizio in altre vie e l’ing. Filiberto Costa presentò al commissario prefettizio Mugoni un progetto per l’ampliamento degli impianti. Il caldo entusiasmo estivo lasciò il posto all’autunno e poi all’inverno, vedendo la città precipitare nella semi oscurità: con l'aumentare del fabbisogno di energia la corrente si interrompeva continuamente e, quando c’era, la tensione si presentava instabile e bassissima. A ciò si aggiunsero ancora continui problemi con la fornitura del gas e le ennesime diffide dell’amministrazione comunale alla Società Anonima, ironicamente ribattezzata da La Nuova Sardegna “la Società del buio elettrico”33:


“È una vera turlupinatura agli utenti, i quali dopo aver pagato conti da speziale per gli impianti, si vedono costretti a ritornare al modesto lume a petrolio che, almeno, fornisce onestamente e fedelmente la luce che promette […] È mai possibile che in questa annosa e irritante questione della luce, lo scellerato destino voglia che Sassari debba cadere da Scilla in Cariddi?

 

Motori e alternatori di potenza insufficiente, guasti continui, vane promesse di potenziamento con nuove unità e, per completare il quadro descrittivo di inizio 1920, tutte le domeniche e le feste comandate il black-out. L’officina elettrica chiudeva34.

La società del buio elettrico lascerà in ombra anche le moltissime maschere carnevalesche nell'annuale sfilata cittadina35 perché -sempre riportando la cronaca-  “sul più bello la luce si ritirò e non fece più ritorno”.


All’esasperazione della cittadinanza contribuì anche la completa sospensione della produzione del gas: scuole, ospedale civile, istituti scientifici universitari non poterono disporre del combustibile. Cucine, scaldabagno e stufe dei sassaresi rimasero spente.

Iniziò inoltre una stagione di rivendicazioni salariali degli operai addetti agli impianti, culminata in scioperi36 che costrinsero l’amministrazione comunale a pronunciare l’ennesima diffida alla Soc. Anonima.


La centrale elettrica, indicata dalla freccia gialla. Si nota la tettoia del carbonile, sul lato destro dell'edificio, successivamente demolita.

Dal 1924 al 1947: la Società Elettrica Sarda e l’Ing. Giulio Dolcetta.

Nel 1924 il quotidiano locale, riscontrando un miglioramento del servizio, descrisse comunque una situazione instabile nella fornitura di energia e –ancora- molte vie cittadine risultavano non servite dall’illuminazione pubblica.

La realizzazione dell'impianto idroelettrico del Bunnari, vagheggiata oltre un decennio prima, agli esordi di quest'avventura, cadde definitivamente nel totale oblio.

Sempre sul finire del '24, invece, comparirono le prime notizie di cronaca relative alla realizzazione del grande sbarramento idroelettrico del Coghinas.

Secondo gli studi degli ingegneri Angelo Omodeo e Luigi Kambo della Società Imprese Idrauliche ed elettriche del Tirso (facente parte anch'essa del gruppo guidato dalla ormai onnipotente Società Elettrica Sarda), l'opera sarà capace di produrre l'astronomica cifra -per allora- di 90milioni di kWh annui, distribuiti da una dorsale ad alta tensione (70kV). Fiumi di energia elettrica dunque, anche per Sassari.


Già nella lettera dell'amministratore delegato della Società Elettrica Sarda, ing. Dolcetta37, inviata nel luglio 1923 al Commissario prefettizio comunale Candido Mura, si riscontrano trattative promosse dalla S.E.S. per l’assunzione in concessione del servizio elettrico cittadino. Dolcetta infatti, nello svelare come la stessa S.E.S. fosse azionista di maggioranza della Soc. Anonima per l’Illuminazione, sintetizzò un quaderno di condizioni transitorie per la gestione dell’impianto di Sassari,  in concomitanza all’avvio degli impianti idroelettrici del Coghinas. Con la stipula di questi accordi l’amministrazione comunale separò definitivamente la gestione l’officina elettrica da quella del gas, dividendo (tramite un muro di confine) le rispettive aree39.

 


È da rimarcare il particolare scaturito dalla lettura del carteggio40 tra il commissario prefettizio Mura, l’amministratore delegato della Soc. Anonima di Illuminazione di Sassari, Ing.Silvio Silva e  l’amministratore della Soc. Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso, Ing. Dolcetta, attraverso il quale Mura fece divieto alle due Società di esportare l’energia elettrica prodotta nell’officina comunale verso il cantiere di costruzione del bacino del Coghinas. Risulta infatti da questi atti come  nel marzo 1924 la S.E.S e la sua collegata ‘Tirso’ avessero già realizzato il collegamento elettrico con l’erigendo bacino e potenziato la centrale di Sassari al fine di alimentare il loro cantiere, utilizzando l'elettrodotto in senso inverso.


A tre mesi di distanza dall’inaugurazione dell’impianto idroelettrico, avvenuto nel dicembre 1926, il Comune di Sassari stipulò, nel marzo del 1927 a firma del podestà Antonio Leoni, il contratto d’appalto per la pubblica illuminazione elettrica  della città41 con la S.E.S. Contestualmente il Comune vendette42 alla stessa S.E.S. l’unità immobiliare costituente la centrale elettrica e l'area di pertinenza, frutto della precedente  separazione dall'officina del gas.  Quest’ultima rimarrà invece di proprietà dell’amministrazione comunale e, già a partire dal 1925, la sua conduzione fu affidata in concessione alla società triestina Sospisio43, che ne gestirà gli impianti fino al 197544.


L’arrivo di una grande quantità di energia, attraverso la dorsale di collegamento tra gli impianti idroelettrici del Coghinas e poi del Tirso, relegò la funzione della centrale elettrica di Sassari al mero compito di  unità di emergenza, da utilizzarsi in caso di guasto agli impianti e alle reti di trasmissione.

Nel 1947 la centrale venne definitivamente messa fuori esercizio45; smontati i macchinari e venduti all'impresa sanremese di demolizioni navali e industriali  Ing. Borgini.


L'interno della centrale elettrica di Sassari alla sua massima espansione produttiva. Le tre unità a gas povero muovevano altrettanti alternatori per una potenza complessiva di 900kVA

Dal 1952 al 1998: il reimpiego della struttura dopo la dismissione.

È con il contratto di concessione  del trasporto pubblico cittadino, stipulato nel 1952 tra  l’amministrazione comunale e l’imprenditore Sebastiano Pani, che lo stabile della ormai ex centrale elettrica  tornò a seconda vita.  La necessità di disporre di un deposito e un'officina di riparazione degli automezzi  fece ricadere l’attenzione di Pani su quell’area ormai in disuso  tra la stazione e corso Vico.

Nei vent’anni di attività del servizio di trasporto l’Organizzazione Pani apportò svariate modifiche alla struttura, sia per consentire l’ingresso dei bus al suo interno, sia allestendo una officina dotata di due fosse  per la manutenzione dei veicoli, ancora oggi evidenti. Anche l’area esterna fu oggetto di allestimento di svariati impianti meccanici tra i quali l'autolavaggio, un ponte sollevatore (ancora oggi visibile) e un sistema di rifornimento carburanti.

 

L'interno della struttura nel 2005. La doppia trave di sostegno della copertura serviva anche a sostenere le guide dei carroponte impiegati per le attività manutentive della centrale.

 

Non è stato –ancora- possibile rintracciare il contratto di compravendita dell’area e dello stabile della ex centrale stipulato da Pani con la S.E.S., ma chi scrive ne presume comunque l’esistenza in quanto lo stesso Pani, scaduta nel 1972 la concessione per il trasporto pubblico cittadino,  rivendette gli immobili al neonato Consorzio Trasporti Pubblici46  nella quota del 75% al Comune e del 25% alla Provincia di Sassari.


La centrale elettrica adibita a officina e deposito dei mezzi di trasporto della Società Pani in un immagine databile a cavallo tra gli anni 60 e 70

L’Azienda Consortile Trasporti Pubblici, A.C.T.P.47, continuò ad impiegare l’area e lo stabile come deposito degli autobus e officina fino al 1998, data del suo trasferimento nell’attuale struttura di via Caniga. A partire quindi da quell'anno la ex centrale elettrica è rimasta in stato di abbandono, in attesa della sua rinascita. Ancora una volta.


                                                                                                                                  Alessandro Sirigu

-Fine -


Si ringraziano la Dott.ssa Carla Merella e il Dott. Giuliano Lampis dell’Archivio Storico del Comune di Sassari per la preziosa collaborazione fornita durante le ricerche.


NOTE:

(29)     LNS, 15-3-1917.

(30)     LNS, 21-8-1917.

(31)     LNS, 8-7-1918.

(32)     LNS, 1-7-1919.

(33)     LNS, 7-12-1919.

(34)     LNS, 6-1-1920.

(35)     LNS, 18-1-1920.

(36)     Cfr. LNS 21-6-1920; LNS 4-8-1920; LNS 28-8-1920.

(37)     ASCS, serie 5 categ. 6 Fasc. 4, ‘Soc.Illuminazione’.

(38)   Società Elettrica Sarda (SES), istituita il 4 novembre 1911 a Livorno, con   l'appoggio della Banca       Commerciale Italiana, della Bastogi e della Società Strade Ferrate Meridionali, sfruttando le   agevolazioni e le sovvenzioni statali previste per la Sardegna dalle leggi speciali finalizzate allo   sviluppo economico dell'Isola tramite la sistemazione idraulica. Fine precipuo della società era la     gestione di centrali generatrici di energia elettrica da erogare per l'illuminazione, il funzionamento   delle ferrovie e delle tranvie e per scopi industriali. Rimase attiva sul territorio sardo fino alla     nazionalizzazione dell’energia elettrica, avvenuta nel 1962.

(39)  ASCS, serie 5 categ. 6, fasc.4, u.a. 31, deliberazione del Commissario Prefettizio Mario Schiffi del 22 agosto 1926.

(40)  ASCS, serie 5 categ. 6, fasc.4,  u.a. 22.

(41)  ASCS,  contratto rep. 4990 del 23 marzo 1927.

(42)  ASCS, nota di trascrizione 31 maggio 1927, in forza del contratto di cui alla nota 41.

(43)  ASCS, serie 5 categ. 6, fasc.4, u.a. 34;  LNS 13-4-1925; LNS 23-7-1925.

(44)  cfr. LNS 17 settembre 1977.

(45)  La Società elettrica Sarda dalla sua fondazione alla crisi degli anni Trenta, Marina Cadoni, pag.62,       ed.Laterza.

(46)   ASCS, deliberazione consiglio comunale 21 dicembre 1971 n°358rs e atto notarile rep. 32557 del 7-    10-1971.

(47)   successivamente A.T.P., Azienda Trasporti Pubblici.


Bibliografia consultata

- La Nuova Sardegna, archivio storico. Biblioteca del Comune di Sassari.

- La società Elettrica Sarda dalla sua fondazione alla crisi degli anni trenta. Marina Cadoni. Ed. Laterza.

- Storia dell’Elettrificazione in Sardegna. CNR Ist. di Biometrologia, a cura di Fabrizio Benincasa. Ed. CNR.

- Mezzo Secolo della S.E.S.  Ed. S.E.S., 1961.

- Ex Fabrica, a cura di Antonio Capitta. Ed. Mediando, 2014.

- Il Commendatore della Corriere Sarde. Alessandro Ponzeletti. Ed. Carlo Delfino, 2016.

- L’Architettura dell’Industria Elettrica in Sardegna dal 1911 al 1961. Tesi del dottorato di ricerca dell’Arch.

  Sara Marcheselli. Università degli studi di Cagliari, 2015.

- Via Delle Conce. Sandro Ruju. Ed. Dessì 1988.

- Sassari. Enrico Costa. Ed. Gallizzi, 1992.




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